L’articolo pubblicato da Milano Finanza, che condividiamo oggi con i lettori del blog dell’Unione dei Commercianti Bistrattati (U.C.B. Family), porta un titolo che parla chiaro: “Benetton riduce il rosso sotto 100 milioni nel 2024. Ricavi per 917 milioni di euro. L’e-commerce ancora non decolla”. Ancora una volta, ci troviamo davanti all’ennesimo bollettino di guerra di una crisi industriale che sembra non voler finire.
Si torna a parlare del famoso piano di risanamento del nuovo Amministratore Delegato Claudio Sforza, chiamato a rimediare ai 235 milioni di perdita registrati nel 2023. Il piano prevede la chiusura di oltre 500 negozi in Italia e all’estero e, allo stesso tempo, il potenziamento delle vendite online, utile — si dice — anche a smaltire le enormi rimanenze di magazzino.
Se la chiusura dei punti vendita considerati “non sufficientemente produttivi” è già in corso (con tutte le gravissime ricadute sul tessuto economico e sociale dei territori coinvolti), ben più incerta appare la scommessa sull’e-commerce. A oggi, infatti, la piattaforma digitale stenta a decollare, nonostante sia stata indicata come uno dei pilastri strategici del rilancio.
In questo articolo cercheremo di analizzare le ragioni di questa partenza a rilento e ci chiederemo se davvero sia possibile far crescere il canale digitale tagliando la rete fisica, oppure se — come molti commercianti da tempo sostengono — la presenza sul territorio sia ancora essenziale anche per supportare le vendite online.
I dati dell’e-commerce Benetton: perché è sotto la media del settore
Secondo quanto riportato da Milano Finanza, l’e-commerce di Benetton nel 2024 rappresenta solo il 13% del fatturato, in lieve crescita rispetto al 12% del 2023. Ma si tratta di numeri ancora molto lontani dalla media del settore moda, che si aggira attorno al 30%. Per un marchio con una diffusione internazionale, questi risultati indicano chiaramente una debolezza strutturale del canale digitale.
Il piano di Claudio Sforza punta a portare le vendite online al 20-25% del totale nei prossimi anni. Tuttavia, a fronte della drastica riduzione dei negozi fisici, questa percentuale rischia di non essere sufficiente a compensare le perdite di fatturato legate alla chiusura dei punti vendita, specialmente in contesti locali dove il negozio rappresentava non solo un canale di vendita, ma anche un presidio del marchio e un riferimento per la comunità.
Un sito e-commerce inadeguato? L’esperienza utente e la concorrenza
Visitando il sito e-commerce di Benetton, ciò che colpisce non è tanto la grafica quanto la scarsa identità del brand, la difficoltà nella navigazione, e un’esperienza d’acquisto che non è all’altezza dei principali concorrenti internazionali. Marchi come Zara, H&M o Uniqlo hanno investito da anni in piattaforme fluide, servizi integrati con i negozi, e campagne digitali aggressive e coerenti.
Benetton, al contrario, sembra essere rimasto indietro anche nella narrazione di sé stesso: il sito non riesce a trasmettere né i valori del marchio, né a creare un legame emotivo con l’utente. Mancano storytelling, personalizzazione, community, ma soprattutto strategie omnicanale che integrino online e offline, come il ritiro in negozio, la prova in store o la consulenza digitale.
Chi paga il prezzo della “razionalizzazione”?
Il piano di risanamento ha previsto la chiusura di oltre 100 negozi Benetton in Italia nel 2024, che diventeranno 500 entro il 2026 a livello globale. Si tratta di un’operazione definita di “razionalizzazione”, che ha già prodotto licenziamenti in Spagna, lo svuotamento del quartier generale di Villa Minelli e la chiusura degli stabilimenti produttivi in Tunisia, Croazia e Serbia.

Dietro i numeri, però, ci sono commercianti, lavoratori, famiglie e territori impoveriti. I negozi Benetton, spesso presenti nei centri storici e nelle vie principali delle città italiane, rappresentavano un tessuto di relazioni, cultura commerciale e fidelizzazione difficile da rimpiazzare. Pensare che un sito e-commerce, per quanto migliorato, possa sostituire questa rete è una scommessa pericolosa, che rischia di allontanare ancora di più il marchio dalla sua base di clienti storici.
E-commerce e negozi sul territorio: due canali che si aiutano a vicenda
La grande illusione di molti grandi gruppi industriali è che il digitale possa sostituire completamente il fisico. Ma la realtà — confermata da numerose ricerche di settore — dice altro: i due canali si rafforzano a vicenda. Dove c’è un negozio, le vendite online aumentano. Dove il marchio è visibile sul territorio, le persone lo cercano anche su Google. Dove c’è un punto vendita, è più facile fidelizzare, gestire i resi e offrire servizi accessori.
Benetton sembra aver dimenticato questa dinamica e preferisce tagliare, nella speranza che un e-commerce rinnovato possa sostenere da solo il rilancio. Ma se la presenza fisica viene meno, soprattutto nei piccoli centri, a venir meno è anche la relazione con il cliente, la percezione di affidabilità, l’identità del marchio. Il rischio, ormai evidente, è che a restare sia solo un sito sterile, incapace di emozionare, di fidelizzare, e soprattutto di vendere davvero.
I Commercianti Bistrattati: la crisi Benetton è anche una crisi di visione
Dietro i numeri della crisi Benetton si nasconde un tema più ampio: l’illusione di poter risolvere i problemi aziendali tagliando i costi, chiudendo punti vendita e puntando tutto sul digitale. Ma senza una visione integrata, una cultura d’impresa realmente innovativa e un rispetto per la rete commerciale sul territorio, il rilancio rischia di rivelarsi l’ennesimo fallimento annunciato.
L’e-commerce non decolla perché, forse, non può decollare da solo. Servono investimenti, idee, ascolto, e soprattutto una nuova alleanza tra digitale e territorio. Finché questo non avverrà, i maglioncini colorati rischiano di restare solo un ricordo del passato.
Come Unione dei Commercianti Bistrattati U.C.B. Family guardiamo con preoccupazione a questa deriva. Non siamo contrari all’innovazione, né al digitale: siamo contrari all’abbandono. L’abbandono dei negozi di prossimità, dei centri storici, delle strade commerciali che hanno fatto la storia del commercio italiano. I negozi Benetton che chiudono sono il simbolo di un intero sistema che rinnega le sue radici, illudendosi che tutto possa essere sostituito da una piattaforma.
Ma un sito non saluta il cliente, non crea relazioni, non tiene viva una via. Ogni saracinesca che si abbassa è una luce che si spegne nel tessuto urbano, è un commesso che perde il lavoro, è un piccolo indotto che si dissolve. E quando un grande marchio come Benetton chiude, spesso trascina con sé l’intera via commerciale, perché perde il suo punto d’attrazione.
Chiediamo, con forza, una riflessione profonda sul ruolo del negozio fisico nell’era digitale. Non per nostalgia, ma per realismo economico e sociale. L’e-commerce può essere un’opportunità, ma non può e non deve diventare un alibi per desertificare le nostre città. Perché senza commercianti, senza negozi, senza vetrine vive, l’Italia perde pezzi della sua anima.
Fonte: Milano Finanza
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