” Infeltriti” Gli industriali bocciano l’abbigliamento Benetton

LA CRISI DEL SETTORE ABBIGLIAMENTO DELLA FAMIGLIA BENETTON SEMBRA NON AVERE PIU’ FINE, QUESTA VOLTA LA BOCCIATURA ARRIVA DAI COLLEGHI DI INDUSTRIA ITALIANA CHE IN UN ARTICOLO SUL MAGAZINE ONLINE industriaitaliana.it HANNO PUBBLICATO UN PEZZO AL VETRIOLO CONTRO LA HOLDING TREVIGIANA DAL TITOLO QUANTO MAI ESPLICITO: “I MAGLIONCINI INFELTRITI DEI BENETTON”

L’articolo in questione è in realtà una citazione di alcuni stralci del pamphlet del giornalista Simone Filippetti “Serenissimi Affari – I veneti in Borsa tra splendore e declino” . Il libro in questione racconta la ormai celeberrima epopea dei fratelli Benetton che da orfani del dopoguerra riescono a diventare uno dei più fulgidi esempi dell’imprenditoria di successo made in Italy degli ultimi quattro decenni.

Una storia di successo iniziata con il primo negozio aperto a Belluno nel 1966 che ha attraversato il decennio rampante della Milano da bere di Bettino Craxi, dei colletti bianchi e dei paninari, fino a giungere alla fondazione della holding Edizione, cassaforte della famiglia Benetton, allo sbarco in borsa alla fine degli anni 80 quando il marchio United Colors Of Benetton rappresentava in tutto e per tutto il coloratissimo made in Italy nel settore moda low cost. Anni nei quali lo stile del famosissimo maglioncino Benetton conquistava il mondo, grazie anche all’apporto del fotografo Oliviero Toscani che reinventava il modo di fare pubblicità sempre sospeso tra colpo di genio e provocazione.

Cosa rimane oggi di quel successo che sembrava destinato a non finire mai? Dopo tre decenni, il maglioncino si è infeltrito, almeno a giudicare dai dati sciorinati in questo articolo che ripostiamo e dalle tantissime testimonianze che sempre più spesso riceviamo dai tanti Commercianti “Bistrattati” che seguono le pagine di questo blog.

In questi ultimi trenta anni i quattro fratelli Luciano, Gilberto, Giuliana e Carlo Benetton hanno diversificato i propri interessi dedicandosi ai latifondi del Sud America e soprattutto alla gestione delle Autostrade, ormai in via di revoca o ridimensionamento, fino alla decisione di due anni fa di ritirare  il marchio United Colors of Benetton dalla Borsa di Milano. Una scelta drastica dovuta alla grande sofferenza del marchio ormai superato in fatturato da quasi tutti i concorrenti. Basti pensare che al momento dell’addio da Piazza Affari, il gruppo veneto fatturava due miliardi di euro: l’equivalente degli utili dell concorrente Inditex (Gruppo Zara) che in dieci anni, senza avere alle spalle la grande storia dei Benetton, aveva guadagnato quote di mercato ormai irraggiungibili.

Oggi la storia è nota, soprattutto per i lettori del nostro UCB Blog dell’Unione dei Commercianti Bistrattati, che sulle nostre pagine seguono le vicende dei numerosi gestori di negozi a marchio Benetton in sofferenza che spesso sono costretti a chiudere le proprie attività.

Secondo l’analisi riportata nell’articolo di Industriaitaliana.it , che potete leggere cliccando qui, il problema fondamentale che affligge il settore abbigliamento United Colors of Benetton è la perdita di appeal che il marchio aveva nei confronti dei capi.

Il Made in Italy non tira più? Non esattamente. Il gusto e la sartorialità italiana non sono ancora in discussione, ma il nocciolo della questione è che ormai, nel settore dell’abbigliamento low cost, i prodotti Benetton non sono più competitivi e in un mercato sempre più aperto e aggressivo, dove le idee e l’organizzazione societaria è il fattore più importante. Tutti hanno capito ormai che i margini di guadagno nella fascia medio bassa del mercato della moda si sono assottigliati e sempre più spesso i commercianti concessionari del marchio costretti ad inseguire la politica dei prezzi concorrenziali si trovano fuori gioco.

Fonte : industriaitaliana.it

 

 

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