La crisi del Gruppo Benetton sembra ancora molto lontana da una soluzione positiva, che possa soddisfare, la proprietà , il gruppo dirigente, i lavoratori, i sindacanti e i commercianti. Fino ad ora il piano di incentivo al licenziamento volontario, che avrebbe dovuto far prendere ossigeno all’azienda, non sta andando secondo le previsioni e i sindacati sono nuovamente sul piede di guerra.
I sindacati di categoria stanno incontrando i lavoratori per discutere i termini di un accordo volto a incentivare nuove uscite volontarie, con l’obiettivo di ridurre i costi e facilitare un possibile rilancio. Con 1.200 dipendenti impiegati nei vari stabilimenti, la dirigenza Benetton ha ottenuto finora solo 40 adesioni al piano di uscite volontarie. Un numero esiguo, che sottolinea la difficoltà nel convincere i lavoratori a lasciare un’azienda già segnata da incertezze e da prospettive economiche poco promettenti. Per i sindacati, questo dato è emblematico di una mancanza di fiducia sia nelle misure di sostegno proposte sia nelle possibilità di un rilancio a lungo termine.
Negli stabilimenti del gruppo si susseguono assemblee in cui i rappresentanti sindacali cercano di chiarire i termini dell’accordo. L’obiettivo è rendere più attrattive le uscite volontarie, offrendo pacchetti economici e assistenza per il reinserimento lavorativo. Tuttavia, il clima di incertezza economica generale e la percezione di un mercato del lavoro poco accogliente stanno frenando molti dipendenti.
“Le condizioni attuali non bastano a garantire una transizione serena per i lavoratori,” ha dichiarato un rappresentante sindacale. “Il nostro compito è trovare un equilibrio tra la necessità di ridurre i costi e il rispetto per i diritti e le esigenze delle persone.”
Un rilancio che tarda ad arrivare
Benetton, un tempo simbolo di creatività e innovazione nel settore tessile, si trova oggi in una posizione di svantaggio rispetto ai principali concorrenti. Il marchio, famoso per le sue campagne pubblicitarie provocatorie e per la qualità dei suoi prodotti, sembra aver perso il contatto con le nuove generazioni e le tendenze del mercato.
Le strategie di rilancio annunciate dall’azienda, che includono un rinnovamento delle collezioni e un maggiore focus sulla sostenibilità , non sono ancora riuscite a tradursi in un incremento significativo delle vendite. Per Benetton, il tempo stringe, ma senza un piano chiaro e condiviso tra azienda e lavoratori, il rischio è quello di un’ulteriore perdita di competitività e, nel peggiore dei casi, di chiusure definitive di alcuni stabilimenti.
I sindacati: “Già chiusi 500 negozi”
“La nostra preoccupazione resta rivolta ai lavoratori che rimarranno e che dovranno essere adeguatamente formati e ricollocati all’interno del nuovo progetto aziendale in cui sono previsti importanti tagli ai costi. Fino ad oggi sono stati chiusi nel mondo 500 negozi che hanno generato crediti inesigibili per circa 160 milioni di euro”. “Il progetto – dichiarano Cgil, Cisl e Uil – “include anche un’analisi relativa alla possibilità di proseguire o meno con lo sviluppo del prodotto industrializzato nelle fabbriche di proprietà europee o del Mediterraneo e un progressivo spostamento della produzione verso il segmento commercializzato dal Sud-est asiatico”.