Le notizie riportate recentemente sul piano industriale di Benetton, presentato dall’amministratore delegato Claudio Sforza, rappresentano un momento cruciale nella storia del Gruppo Benetton. L’azienda, che per decenni è stata sinonimo di moda accessibile e creativa, è ora costretta a compiere scelte difficili per fronteggiare una crisi che si è rivelata anche più profonda delle aspettative.Â
La chiusura dei negozi: segnale di declino o strategia necessaria?
La decisione di chiudere 500 negozi, distribuiti tra punti vendita diretti e franchising, sembra essere un passo inevitabile per ridurre i costi operativi e riorganizzare una rete distributiva che, evidentemente, non risponde più alle esigenze del mercato. Le serrande abbassate in Paesi come Giappone, Polonia e Sud-est asiatico sono un chiaro segnale della difficoltà di competere in mercati globalizzati, dominati da colossi come Zara, H&M e Uniqlo.
Tuttavia, una riduzione così drastica solleva interrogativi sulla sostenibilità del marchio Benetton nel lungo termine. Chiudere i negozi potrebbe aiutare a contenere le perdite, ma nello stesso tempo diminuirà la presenza del brand Benetton in mercati chiave, compromettendo la capacità di attrarre nuovi clienti e fidelizzare quelli esistenti.
La presenza del marchio verde sul territorio è sempre stata un punto di forza della Benetton, per decenni, sono stati gli stessi commercianti, che dichiaravano di “avere il sangue verde” a guidare l’espansione dapprima in tutta Italia e poi nel mondo. Ora che questo meccanismo sta perdendo la sua forza propulsiva, la chiusura di altri 500 negozi potrebbe rivelarsi il colpo di grazia.Â
Ricorso spinto al commercializzato
Il piano industriale presentato da Claudio Sforza è ambizioso e rappresenta, come lui stesso ha dichiarato, l’“ultima chance” per salvare l’azienda. La previsione di dimezzare le perdite nel 2024 e raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2026 è sicuramente positiva, ma è anche legata a una serie di ipotesi ottimistiche, come il rilancio del marchio attraverso i canali digitali e la semplificazione dell’offerta.
Il taglio delle linee meno redditizie, come quella per bambini, e l’integrazione del brand Sisley nella struttura principale di Benetton sono mosse razionali per ridurre i costi, ma rischiano di impoverire l’identità del marchio, rendendolo meno distintivo in un mercato già saturo.
Dover tagliare la produzione per diminuire i costi e puntare tanto sul cosiddetto commercializzato è un’altra pratica molto rischiosa, riduce ulteriormente il controllo sulla qualità e l’autenticità del prodotto. È questo il futuro che vogliamo per il commercio?
I Negozi Benetton sono diventati un peso?
E così da motore che per anni ha fatto camminare il marchio Benetton in tutto il mondo, si ha quasi l’impressione che i negozi Benetton stiano diventando un problema da chiudere. Non più una risorsa, ma un peso da alleggerire il più possibile.
Il piano industriale di Benetton evidenzia una strategia chiara: tagliare i rami secchi per contenere le perdite e rilanciare il marchio puntando su una rete più snella e sui canali digitali. Tuttavia, la chiusura di 500 punti vendita rappresenta un duro colpo, non solo per i dipendenti coinvolti, ma per l’intero sistema del commercio al dettaglio, già sotto pressione da anni.
Questo scenario riflette una tendenza generale: i negozi fisici sono sempre più considerati un costo anziché un’opportunità , schiacciati dalla competizione dell’e-commerce e dai cambiamenti nelle abitudini di consumo.
La strategia di Claudio Sforza un copione già visto
La strategia di Benetton sembra seguire un copione già visto: tagliare, ridimensionare, esternalizzare. Ma queste soluzioni non risolvono il problema alla radice. Il vero rilancio di un’azienda – o di un intero settore – passa attraverso la valorizzazione delle persone, dei territori e delle tradizioni, non solo attraverso una rincorsa al ribasso sui costi. Benetton, invece, a quanto pare sta puntando tutto sulla riduzione dei costi e sul digital, ma a quale prezzo? La perdita di identità e la standardizzazione sono rischi reali.
Io credo che queste notizie passino purtroppo inosservate e che alla fine sembra che sia colpa dei commercianti.
Si dovrebbe dare più ascolto a chi come me ci e passato tanti anni fa
Cambiano le persone
Cambiano i manager
Ma non cambia il modo di operare
IL PROBLEMA NUMERO UNO è CHE NON SIAMO UNITI, LA BENETTON DA ANNI FA LA POLITICA (DIVIDI E IMPERA) UN FAVORE A TE UNO STRALCIO ALL ALTRO E VIA …………….VORREI VEDERE SE QUEI 500 NEGOZI FOSSERO UNITI E DI PUNTO IN BIANCO NON PAGASSERO PIU NIENTE !! DOVREMMO ESSERE ASCOLTATI PRESSO LA SEDE BENETTON…….INVECE SI PREOCCUPANO SOLO DI MANDARE LE PEC E SPREMERE FIN CHE C E NE CON MINACCIE VARIE…. FIDEUSSIONI…… MANCATA CONSEGNA MERCE ECC ECC E CON TUTTO QUESTO MARASMA MANCA UNA POLITICA COMMERCIALE VALIDA !!