Negozi Benetton, tra chiusure e promesse di rilancio: facciamo il punto della situazione

Dal passato indimenticabile alle vetrine vuote: cosa sta succedendo davvero alla rete di vendita del gruppo? La voce dei commercianti, tra disillusioni, silenzi e speranze.

Un tempo le vetrine colorate dei negozi Benetton illuminavano i centri delle città italiane, simbolo di uno stile accessibile, giovane e inclusivo. Oggi, invece, sempre più spesso quelle stesse vetrine restano vuote, con serrande abbassate e cartelli di liquidazione. Il marchio, che ha fatto la storia della moda casual italiana, è in affanno, mentre il suo destino appare incerto tra promesse di rilancio e una lenta, apparente, ritirata dai territori. 

In mezzo, ci sono loro: i commercianti, tanti dei quali in franchising, che hanno investito nel brand, creduto nei suoi valori e oggi si sentono lasciati soli. Questo articolo vuole raccontare la situazione attuale, dando voce a chi ha vissuto in prima persona il declino di un’icona della moda italiana.

Il contesto: una crisi lunga anni

Negli anni ’80 e ’90 United Colors of Benetton era ovunque: simbolo di uno stile democratico, italiano e riconoscibile, supportato da campagne pubblicitarie provocatorie e geniali. Ma a partire dagli anni 2000, qualcosa ha iniziato a incrinarsi. Il gruppo non è riuscito a tenere il passo con l’evoluzione del mercato globale della moda: il boom del fast fashion, con colossi come Zara, H&M e Primark, ha rivoluzionato i consumi, offrendo novità continue e prezzi sempre più aggressivi.

Mentre gli altri correvano, Benetton decellerava, fino a sembrare quasi ferma, ancorata a un modello distributivo superato e a collezioni che non riuscivano più a interpretare i gusti del pubblico. A nulla sono serviti i vari tentativi di rilancio, i cambi al vertice, il ritorno – a tratti – di figure storiche come Oliviero Toscani.

I numeri parlano chiaro: in dieci anni la rete di negozi in Italia si è drasticamente ridotta, e il marchio è passato da protagonista a comparsa, in un settore sempre più competitivo.

Le promesse del rilancio del marchio Benetton: tra annunci e realtà

Nel maggio 2024, il gruppo ha presentato un piano di rilancio definito come “una cura dimagrante” mirata a portare il marchio in pareggio entro il 2026. Gli amministratori hanno ricevuto il pieno supporto della holding Edizione, che ha stanziato 260?milioni di euro per gli investimenti necessari, aggiungendoli ai 350?milioni già erogati nei tre anni precedenti

Da una nota ufficiale a margine del CDA:

“Il piano si fonda su un’accelerazione della digitalizzazione, sulla razionalizzazione della rete di vendita e sul rafforzamento dei flagship store, per restituire al brand la centralità e la competitività nel mercato globale.” 

A livello finanziario, i risultati del 2024 confermano una spirale di cambiamento: la perdita netta è stata ristretta a circa?100?milioni, rispetto agli oltre?230?milioni del 2023, con un fatturato mondiale sceso da circa?1,1?miliardi a 917?milion. Numeri che mostrano un progressivo contenimento dei danni, ma anche un ridimensionamento strutturale.

La strategia si sta confermando altalenante: il numero complessivo di punti vendita è diminuito soprattutto tra i franchising, creando per molti piccoli imprenditori un reale squilibrio tra promesse della casa madre e sostenibilità del business

Negozio Benetton Chiuso Commercianti

I negozi in franchising: tra attese infinite e solitudine operativa

Se i flagship store di proprietà sembrano beneficiare delle nuove strategie aziendali, la situazione è molto diversa per i negozi in franchising, che rappresentano una fetta storica della rete commerciale Benetton, soprattutto in Italia. Nel solo 2024, sono stati chiusi 495 negozi nel mondo, e secondo fonti ufficiali oltre 100 di questi erano punti vendita in franchising italiani, spesso schiacciati da contratti rigidi, margini risicati e una totale assenza di supporto promozionale da parte del gruppo.

A oggi, sono circa 700 i negozi Benetton ancora attivi in Italia, di cui 149 in franchising, ma il numero è destinato a ridursi ulteriormente. Le insolvenze accumulate dagli affiliati ammonterebbero a circa 38 milioni di euro. Molti commercianti, dopo anni di collaborazione, si sono trovati improvvisamente soli di fronte a cali di vendite e forniture obbligate, senza possibilità di negoziare o di personalizzare l’offerta. Alcuni di loro hanno tentato di vendere l’attività, ma il marchio oggi non è più percepito come appetibile come un tempo.

La sensazione diffusa tra molti affiliati è quella di essere stati utilizzati finché convenienti, per poi essere progressivamente scaricati.

“Avevamo il sangue verde, abbiamo portato il marchio nei piccoli centri, abbiamo investito con passione, e oggi nessuno ci risponde” racconta una delle storie di un’ex titolare di negozio Benetton del centro Italia. Una testimonianza che si ripete, simile, da Nord a Sud, tra chiusure silenziose, cartelli di “liquidazione totale” e tanta amarezza.

Vetrine vuote e centri desertificati: il prezzo sociale della crisi

La chiusura di un negozio non è mai solo una questione economica. Quando un’insegna storica come Benetton abbandona i centri città, il vuoto che lascia è anche simbolico. Per molti borghi, cittadine e quartieri urbani, quei punti vendita rappresentavano un presidio di vivacità commerciale, un luogo riconoscibile e frequentato da più generazioni. Le serrande abbassate diventano così il segno tangibile di una crisi più profonda, quella della desertificazione dei centri storici.

In molte città italiane, soprattutto nei comuni di provincia, la scomparsa dei negozi Benetton ha generato un effetto domino: il calo del passaggio pedonale, l’indebolimento di altre attività vicine, la perdita di posti di lavoro, e una generale percezione di declino. Alcuni locali sono rimasti sfitti per mesi, altri sono stati occupati da marchi temporanei, spesso lontani dalle esigenze reali del territorio.

La dimensione sociale della crisi colpisce anche la fiducia degli imprenditori locali. Chi ha investito nel marchio con la speranza di avere un alleato forte, oggi si ritrova spesso confuso o peggio deluso. Ma non è solo un danno privato: quando un’attività chiude, a rimetterci è l’intero quartiere, che perde attrattività, servizi, e memoria collettiva. Le promesse mancate del gruppo, in questo senso, non sono solo un problema commerciale: sono una ferita aperta nel tessuto delle comunità.

commercianti bistrattati negozio benetton chiuso

 

Il marchio Benetton deve risorgere, ma servono ascolto e rispetto

La storia di Benetton non può essere finita. Un brand che ha saputo parlare al mondo con coraggio e originalità può ancora ritrovare la propria voce. Ma nessun rilancio sarà credibile se a farne le spese saranno sempre gli ultimi della catena: i commercianti, gli affiliati, i piccoli imprenditori che per anni hanno tenuto vivo il marchio sul territorio. Non servono solo nuove collezioni o investimenti milionari: serve un cambio di visione, serve rispetto per chi ha creduto e investito, e oggi chiede soprattutto ascolto.

L’Unione dei Commercianti Bistrattati – U.C.B. Family lancia un appello aperto a tutti i commercianti in difficoltà. Se anche tu hai vissuto o stai vivendo una situazione simile – con un marchio che ti ha lasciato indietro, con promesse non mantenute o con contratti che ti hanno messo in ginocchio – raccontaci la tua storia.

Scrivici. Partecipa. Facciamoci sentire. Per fortuna, anche i grandi gruppi dell’informazione si sono interessati alla dolorosa situazione che molti commercianti stanno vivendo: siamo stati citati nel libro Dynasty del giornalista Mario Giordano e nella speciale inchiesta United Colors of Money andata in onda su La7.  Vogliamo raccogliere testimonianze, creare una rete, fare informazione e portare queste vicende all’attenzione pubblica. Perché nessun commerciante dovrebbe sentirsi solo, abbandonato o colpevole per aver creduto in un progetto che poi si è rivelato insostenibile. 

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